“Non vorremmo che si sottovalutasse la capacità di reazione e di recupero del Paese. Nello stesso tempo in cui si sottolinea la necessità di un’azione nuova e sistematica della mano pubblica, si dice che serve anche un progetto collettivo che la accompagni e sostenga. Questa azione collettiva è fondamentale. E’ importante che il Paese sia capace spontaneamente di reagire ma non basta. Il pubblico e le parti sociali devono contribuire a rilanciare una crescita sostenuta e sostenibile”,
Ad affermarlo è il presidente del CNEL Tiziano Treu, nel corso della presentazione del 54esimo Rapporto Censis svoltasi al CNEL.
“Il rapporto Censis traccia, come sempre, un quadro lucido della situazione italiana. Mai come in questo periodo, una simile analisi ampiamente documentata è necessaria per aumentare la consapevolezza dei dati più importanti e delle sfide che ci troviamo ad affrontare”, ha aggiunto Treu.
“Proprio perchè c’è questa grande incertezza, con provvedimenti che si susseguono, occorrono massima chiarezza e trasparenza delle scelte. Noi invece registriamo poca chiarezza. In un momento come questo, incerto, con persone disorientate, con un calo di fiducia preoccupante, solo la chiarezza e la trasparenza e una comunicazione ampia e responsabile possono aiutare a superare il disorientamento e quelle venature di pessimismo che accompagnano questi eventi”, ha concluso il presidente CNEL.
Nel nuovo Rapporto, il Censis scrive che “il sistema-Italia è una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti. Mai lo si era visto così bene come durante quest’anno eccezionale, sotto i colpi sferzanti dell’epidemia. Privi di un Churchill a fare da guida nell’ora più buia, capace di essere il collante delle comunità, il nostro modello individualista è stato il migliore alleato del virus, unitamente ai problemi sociali di antica data. E di certo la rissosità della politica e i conflitti interistituzionali non aiutano”.
A proposito della sanità, poi i ricercatori guidati da De Rita affermano: "Così come nell’emergenza abbiamo trascurato i malati “ordinari”, uno degli effetti provocati dall’epidemia è di aver coperto sotto la coltre della paura e dietro le reazioni suscitate dallo stato d’allarme le nostre annose vulnerabilità e i nostri difetti strutturali, del tutto evidenti oggi nelle debolezze del sistema ‒ l’epidemia ha squarciato il velo: il re è nudo! ‒ e pronti a ripresentarsi il giorno dopo la fine dell’emergenza più gravi di prima”.
Poi, sullo stato d’animo degli italiani, dominato dall’incertezza del futuro aggiungono: "Spaventata, dolente, indecisa tra risentimento e speranza: ecco l’Italia nell’anno della paura nera, l’anno del Covid-19. Il 73,4% degli italiani indica nella paura dell’ignoto e nell’ansia conseguente il sentimento prevalente in famiglia. In questi mesi, il 77% ha visto modificarsi in modo permanente almeno una dimensione fondamentale della propria vita: lo stato di salute o il lavoro, le relazioni o il tempo libero. Lo Stato, pur percepito come impreparato di fronte all’ondata dei contagi, si è palesato come il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo. Ma, oltre al ciclopico debito pubblico, le scorie dell’epidemia saranno molte, diversificate e di lungo periodo”.