Nel disastro globale della pandemia si è reso evidente, nel nostro Paese, il contributo che l’economia sociale non profit ha dato: reti di solidarietà, volontariato, associazioni e imprese sociali si sono ritrovate, da subito, in prima linea per rispondere alle urgenze di tantissime persone in difficoltà. Gratuità, flessibilità e capacità innovativa sono le caratteristiche con cui si è mostrata a tutti, la parte migliore dell’Italia tesa a non lasciare indietro nessuno. Negli ultimi anni il Terzo settore è cresciuto più di tutti gli altri segmenti della società ed ha progressivamente ampliato la sua azione nel rispondere a tanti nuovi bisogni dove né lo Stato, né il mercato riuscivano più ad arrivare. Anche in Europa l’economia sociale si è molto sviluppata (oltre 2,8 milioni di organizzazioni con più di 13 milioni di addetti e 82 milioni di volontari): infatti la Commissione Europea sta lavorando per definire un «Action Plan for Social Economy» e si è resa perfettamente conto che questo mondo sarà fondamentale per la ripresa economica dopo la pandemia. Molti Paesi, tra cui Francia e Spagna hanno scritto, fin nelle premesse dei loro piani nazionali per il Recovery, l’importanza strategica di coinvolgere l’economia sociale senza scopo di lucro.
Da noi invece, nonostante gli appelli affinché l’Italia partecipasse con la Commissione Europea all’elaborazione del Piano e si dotasse a sua volta di un piano nazionale, nulla si è mosso! Con il Governo precedente è prevalso un atteggiamento di diffidenza verso il mondo del Terzo Settore, costringendolo spesso in difesa per evitare norme e disposizioni irragionevoli e dannose proposte dalla nostra peggiore politica. Il webinar svoltosi al Cnel, aperto dal presidente Tiziano Treu, il 18 marzo scorso «L’Economia Sociale in Italia, per un piano d’azione nazionale» ha avuto il merito di riproporre le ragioni per cui anche all’Italia conviene invece, riconoscere questa priorità. Alla luce delle proposte di “Euricse”, sono apparse interessanti le conclusioni del Vice Ministro all’Economia Laura Castelli che ha sottolineato come il coinvolgimento dell’economia sociale non sarà limitato all’inclusione sociale ma sarà trasversale a tutti gli assi del Recovery Plan. Sono infatti convinto che il massiccio ritorno dello Stato per affrontare la pandemia non basterà per ricostruire il Paese. Alla base della futura «ripresa» non ci sono i piani e i miliardi del Recovery: ci dovranno essere i soggetti, le risorse della realtà sociale e dei suoi corpi intermedi: servono motivazioni, voglia di fare, «energie dal basso e da dentro». O le risorse del Recovery incroceranno, saranno al servizio di questi mondi vitali oppure produrranno poco o nulla. «Nessuna società – ricorda l’economista Jeremy Rifkin - è mai riuscita a creare prima un mercato e uno stato e poi una comunità. È invece da una comunità forte e solidale che possono svilupparsi e funzionare Stato e mercato».
*Articolo pubblicato sul supplemento “Buone Notizie” del Corriere della Sera del 30 Marzo 2021
** Gian Paolo Gualaccini, Consigliere Cnel, Capo delegazione Terzo Settore