“Per capire la rivoluzione digitale che stiamo vivendo e che ha stravolto le nostre vite ci può essere d’aiuto riflettere sulle due grandi rivoluzioni sociali del passato: con la rivoluzione 'agricola nasce l'urbanizzazione e il lavoro come attività specializzata per la sopravvivenza ma anche il diritto cioè la regolazione dei rapporti tra gli uomini, e la rivoluzione industriale che con l’invenzione e la diffusione dei trasporti veloci introduce il concetto di tempo, da cui dipendiamo ancora oggi e che rappresenta uno, se non il più importante, dei fattori che più incide sui comportamenti e le organizzazioni pubbliche e private. Mentre è abbastanza intuitivo comprendere la portata dell'aspetto protesico della tecnologia, cioè di quanto sia divenuta un vero e proprio prolungamento della nostra vita quotidiana, è molto più complesso capire come orientare lo sviluppo dei modelli e delle procedure organizzative per favorire l’efficienza delle amministrazioni pubbliche, dal momento che la tecnologia ormai riguarda ogni aspetto del nostro lavoro. Occorre una capacità di visione e anche di progettazione organizzativa nonché di sviluppo di modelli di riferimento, nel nostro caso specificatamente riservati alla PA, e da questo punto di vista la formazione è strategica perché occorre una capacità anche di comprensione sia degli strumenti sia di dove si vuol arrivare”.
Lo ha affermato il Segretario Generale del CNEL, Mauro Nori, aprendo i lavori del Seminario permanente di analisi e aggiornamento tecnico-giuridico sui dati economici e il mercato del lavoro del CNEL che si è tenuto venerdì 17 dicembre a Villa Lubin con Luca Attias, Direttore generale Sistemi Informativi Automatizzati della Corte dei conti con una relazione su "Il valore del digitale: contesto, consapevolezza, modelli e strumenti per la trasformazione della PA" e Leandro Gelasi, Direttore Centro unico dei servizi - Corte dei conti su "L’approccio alla trasformazione digitale presso la Corte di conti: un nuovo modello di cooperazione digitale fra Pubbliche Amministrazioni". Conclusioni di Andrea Mancinelli, Direttore generale e Vicesegretario generale del CNEL.
“Il digitale presenta 3 caratteristiche essenziali, la cui assimilazione risulta fondamentale per comprenderne gli impatti e cercare di orientarne gli effetti in maniera positiva: pervasività, dinamicità e giovinezza. Il digitale è estremamente giovane, a differenza della maggior parte delle altre scienze umane che affondano le radici nell’antichità e nella rivoluzione industriale.
La società non ha ancora sviluppato una piena consapevolezza su questo argomento e sugli impatti delle tecnologie digitali. Queste tre caratteristiche, considerate in modo congiunto, rendono la trasformazione digitale totalmente diversa da qualsiasi altro tipo di trasformazione avvenuta nella precedente storia umana. Si tratta di un vero e proprio tsunami che si avvicina a folle velocità, che porta con sé opportunità inimmaginabili, seppur complesse da gestire, che possono provocare panico e, quindi, resistenza”, ha detto Luca Attias, nel suo intervento, aggiungendo: “Questo tsunami è stato all’origine del digital divide, espressione nata in seno all’amministrazione statunitense della presidenza Clinton (1993-2001) per indicare la disparità nelle possibilità di accesso ai servizi telematici tra la popolazione americana, oggi utilizzato per indicare la consapevolezza globale di una problematica di accesso ai mezzi di informazione e comunicazione da parte di determinate aree geografiche o fasce di popolazione. Il digital divide si supera con l’acquisizione di nuove competenze. A quello digitale si è aggiunto anche uno tsunami burocratico. Gli interventi di riforma della Pubblica Amministrazione stratificatisi negli ultimi 25 anni hanno via via tradito la strategia di cambiamento avviata nel 1993 producendo esiti opposti alle attese. Tuttavia, già nel tempo immediatamente successivo, si sono prodotte nella società e nelle istituzioni pulsioni che hanno progressivamente inibito la responsabilità dei decisori e alimentato il fenomeno della “burocrazia difensiva”. Negli anni successivi la situazione è stata ulteriormente aggravata da una stratificazione progressiva di norme ispirate a criteri giusti in teoria (trasparenza, correttezza, pubblicità, anticorruzione) ma perseguiti in maniera formalistica e procedurale a discapito degli interessi collettivi. Il responsabile della transizione digitale, la nuova figura individuata per aiutare i processi di digitalizzazione nella PA, si trova di fronte una grande quantità di norme e adempimenti che rallentano molto i processi organizzativi. Rispetto agli altri Paesi europei, l’Italia ha sempre vantato un elevato numero di servizi pubblici digitali, ma anche il più basso livello di penetrazione (effettivo utilizzo dei servizi).
Per superare lo stallo in cui siamo, è necessario ripensare e riprogettare la sfera lavorativa per dare nuovo valore sociale ed economico:
• Coinvolgendo tutti gli stakeholder, i lavoratori e gli utenti;
• Studiando il cambiamento in atto e comprendendo gli effetti che si stanno manifestando nella società;
• Creando nuovi ruoli professionali che prevedano competenze diversificate sia nel numero che nella profondità.
Diversificare ed approfondire le proprie competenze è quindi una condizione necessaria, sebbene non sufficiente. Gli effetti della trasformazione digitale attualmente in atto investiranno l’intera società umana, nella sua globalità. Pertanto, le eventuali soluzioni non potranno derivare dal singolo individuo, ma dovranno essere unitarie e condivise a livello globale”, ha concluso Attias.
All’intervento di Attias è seguito quello di Leandro Gelasi sul “nuovo modello di amministrazione digitale”. “L’Italia fa bene sulla disponibilità dei servizi pubblici online e degli open data e la diffusione dei servizi medici digitali è ben consolidata. Crescono la copertura a banda larga veloce e la diffusione del suo utilizzo ma sono ancora lenti i progressi nella connettività superveloce. L’Italia è a buon punto per quanto riguarda l’assegnazione dello spettro 5G. Male, invece, sulle competenze digitali. Tre persone su dieci non utilizzano Internet abitualmente e più della metà della popolazione non possiede competenze digitali di base. Tale carenza nelle competenze digitali si riflette anche in un minore utilizzo dei servizi online, dove si registrano ben pochi progressi”, ha esordito Gelasi partendo dai dati dell’ultimo Rapporto DESI in cui l’Italia risulta al 25° posto su 28 tra i Paesi UE.
“Chi dichiara che si ‘parte da zero’ non sa di cosa stia parlando, non ha studiato e manca di rispetto a centinaia di migliaia di persone che hanno dato l’anima per la digitalizzazione della PA. le Amministrazioni, considerate singolarmente, hanno comunque cercato di trasformarsi digitalmente:
• PAC e PAL;
• Regioni, Province e Comuni;
• In-house;
• Software house.
In tanti hanno cercato di dare il loro contributo, con buona volontà e, quasi sempre, in buona fede”.
Gelasi, che ha portato casi concreti e indicazioni operative per favorire la trasformazione digitale, ha indicato due progetti che possono aiutare molto le Amministrazioni pubbliche a ripensarsi in funzione del digitale: Developers Italia e Designers Italia.
Developer Italia si occupa di aiutare gli sviluppatori delle PA, dei fornitori e di enti terzi a realizzare i servizi pubblici evitando la moltiplicazione di codice, costi ed errori.
Per farlo in modo scalabile si basa sul modello delle developer community open source, fornendo loro strumenti tecnici per integrare le piattaforme pubbliche e, collaborativamente, accrescere le proprie competenze.
In questo modo lavorare sui servizi pubblici diventa più agevole, economico e meno rischioso, consentendo anche ad attori piccoli, ma innovativi di poter competere sul mercato della PA.
Designers Italia, nato con l’obiettivo di supportare la PA nella progettazione di servizi digitali accessibili, inclusivi e sicuri riducendo al contempo la spesa pubblica mediante la messa a fattor comune di progettualità fino ad oggi portate avanti dai singoli enti in maniera autonoma e senza alcuna condivisione, prosegue puntando a garantire:
- L’applicazione delle Linee Guida di Design
- La divulgazione e condivisione degli strumenti
- La modernizzazione, il consolidamento e la creazione di nuovi strumenti
Conclusioni affidate al Direttore Generale e ViceSegretario Generale Andrea Mancinelli.
“Il digitale è lo strumento per superare la frammentazione della pubblica amministrazione, ancora oggi organizzata per camere stagne, con strutture che difficilmente comunicano tra loro e soprattutto con i loro utenti. E’ uno strumento per rendere più veloci ed efficienti le procedure interne ma anche rispetto all’utenza. Abbiamo bisogno, però, di un modello organizzativo nuovo in grado di valorizzare l'intreccio tra il digitale, l'uso del digitale e le norme che lo sostengono, le persone che lo usano all'interno e fuori dell'amministrazione. A questo proposito è fondamentale la formazione alle nuove competenze”.