“La complessità del mondo in cui viviamo e dei temi e delle implicazioni sul tavolo oggi richiedono ancor più che nel passato un'apertura mentale e di metodo, per mettere a confronto e recepire il contributo di tutte le componenti rappresentative della società. Questo è il grande ruolo che il nuovo CNEL, un CNEL 4.0, può e deve giocare”. Elio Catiania, Presidente di Confindustria Digitale e Vice Presidente del CNEL delinea le sfide per il sistema paese in un’intervista esclusiva.
Domanda 1) Internet of Things, cloud computing, Intelligenza Artificiale, Big Data, Cyber sicurezza... quali sono secondo lei le tecnologie abilitanti dell'industria 4.0 che impatteranno maggiormente sul lavoro?
La rivoluzione digitale cui oggi si parla tanto e che va sotto il nome convenzionale di 4.0 abbraccia in effetti tutte le tecnologie. La possibilità di inserire sensori capaci di rilevare qualunque parametro in qualunque dispositivo, il poterli connettere tra loro e con sistemi elettronici o computer in linee di produzione o di assemblaggio, la disponibilità di modelli matematici sofisticati capaci di rappresentare le realtà operative delle imprese, elaborando miliardi di informazioni, ebbene questa è in effetti l'essenza della fase che stiamo vivendo. Non v'è dubbio che il lavoro è interessato in modo profondo da queste rivoluzioni ma non perdiamo di vista il cuore di questa discussione: certo in alcuni casi la robotica e la strumentazione sofisticata sostituisce, ancor più che nel passato, il lavoro soprattutto di basso profilo, nella linea di produzione e nei lavori amministrativi, ma in molti casi la tecnologia diventa ausilio forte per migliorare la qualità del lavoro e del prodotto. La formazione e la riqualificazione delle competenze è la vera grande sfida e la vera opportunità di qualunque impresa e di qualunque economia, soprattutto per un paese come il nostro a grande vocazione manifatturiera. È il vero salto per dare maggior lavoro ed al lavoro maggior dignità.
D2) Lei è presidente di Confindustria Digitale. A che punto è la digitalizzazione delle imprese italiane? Quali le criticità da colmare?
Il Paese ha un gap da colmare in termini di digitalizzazione. Per anni abbiamo investito meno, in maniera significativa, rispetto agli altri paesi europei. Ed abbiamo pagato questo divario con un conto molto salato, sia in termini di crescita, che di sviluppo e occupazione. La buona notizia è che da un paio d'anni la leadership del Paese pubblica e privata si è resa conto che il tema è si tecnologico ma essenzialmente economico e politico. C'è in gioco il ridisegno della nostra economia, dell'impianto delle nostre istituzioni. Il motore è si tecnologico, ma le implicazioni sono organizzative, sociali, educative, politiche. Pensiamo soltanto ai grandi quesiti che la rivoluzione tecnologica mette sul tavolo: la privacy, il diritto d'autore, la sicurezza. E solo con una presa di coscienza e possesso di questo tema da parte della classe dirigente che imprese e istituzioni possono affrontare il profondo processo di digitalizzazione, trasformandolo in una grande opportunità di competitività e di servizio per cittadini ed imprese. Il piano 4.0 del governo così come il piano banda ultra larga hanno rappresentato due passaggi cruciali. Due messaggi forti. Gli interventi di supporto del governo insieme ad una capillare attività nei territori da parte dei sistemi associativi hanno consentito una estesa diffusione dell'importanza del digitale, soprattutto nelle sistema di piccole e medie imprese che costituisce l'architettura industriale del nostro paese. A differenza della Germania ad esempio noi non possiamo contare su un grande numero di imprese grandi, che tradizionalmente trascinano l'intero ecosistema di fornitori e clienti in un processo di innovazione. La nostra sfida e di andare in modo capillare e diffuso filiera per filiera, territorio per territorio. I risultati cominciano a vedersi. Oggi l'80% degli imprenditori sa cosa vuol dire lo slogan 4.0, e decine di migliaia di imprese sono impegnate in progetti concreti. Ma siamo solo all'inizio e occorre fare presto, anche perché gli altri corrono molto velocemente.
D3) Cosa serve al sistema delle imprese per esprimere più export e più occupazione?
Continuità e strutturalità negli interventi di supporto agli investimenti in innovazione, una nuova formazione, una pubblica amministrazione più efficiente e rapida, un sistema fiscale più competitivo e coerente con i mercati competitivi in cui siamo, un sistema di trasporti e logistica idoneo alla velocità che oggi l'economia richiede. Credo siano questi i punti di fondo su cui si gioca la competitività di un sistema economico, in mercati sempre più interconnessi ed informati. E su tutti questi punti abbiamo molta strada da fare, percorsa molto molto rapidamente.
D4) Le infrastrutture, anche e soprattutto quelli digitali, rappresentano uno dei punti deboli per lo sviluppo del sistema Italia. Quali aspetti sono irrinunciabili in un grande piano nazionale delle infrastrutture?
Le infrastrutture materiali e immateriali rappresentano, quindi, l'ossatura fondamentale il Sistema paese che produce, cresce, include, si sviluppa, e crea crea lavoro. Conosciamo bene le carenze del nostro sistema logistico. Se ne parla da anni e si continua a fare poco, molto poco. Conosciamo la vetustà di alcune nostre infrastrutture e servizi, sia su gomma che su ferro, sua urbani che regionali. Su alcune grande grandi opere il dibattito non arriva mai ad una conclusione. Sulla banda ultra larga siamo in rincorsa. Le lungaggini burocratiche e i tempi di realizzazione non sono più compatibili, il codice degli appalti non aiuta in questa direzione. Di nuovo, i temi sono conosciuti: manca la capacità realizzativa ed attuativa con responsabilità chiare e tempi certi di risoluzione.
D5) Il CNEL, di cui è vice presidente, è rimasto uno degli ultimi luoghi del confronto tra forze sociali e produttive. Cosa è mancato negli anni scorsi e cosa serve per il futuro per recuperare il tempo perduto?
Con l'avvento della globalizzazione e delle tecnologie il concetto di disintermediazione si è andato via via sempre più affermando. Abbiamo esempi di imprese che hanno disintermediato interi settori tradizionali, puntando sui modelli di business e di impresa nuovi e ad alta intensità di tecnologia. I social rappresentano un altro strumento di diffusione di informazioni, con tutti i limiti di autenticità e riservatezza che tutti conosciamo. La tentazione quindi di utilizzare queste forme anche nei processi economico sociali e politici di democrazia diretta è indubbiamente molto forte. Il mio convincimento però è che una cosa è ascoltare i cittadini nel modo più diretto e capillare possibile, con il voto e con qualunque strumento che l'innovazione mette a disposizione, percependone urgenze ed istanze, diverso è dare qualità al processo politico e decisionale. La complessità del mondo in cui viviamo e dei temi e delle implicazioni sul tavolo oggi richiedono ancor più che nel passato un'apertura mentale e di metodo, per mettere a confronto e recepire il contributo di tutte le componenti rappresentative della società. Ciascuno, ovviamente nel rispetto dei propri ruoli e responsabilità. Questo è il ruolo che i corpi intermedi oggi devono sapere e poter giocare. Solo attraverso un confronto aperto ed un dibattito costruttivo si può dare alle decisioni e al processo legislativo quella qualità ed incisività che l'economia di oggi richiede, dando risposte ai grandi quesiti di occupazione, lavoro, sviluppo e sociale che la gente richiede. E che sia capace di mediare tra gli interessi collettivi e le esigenze di segmenti della società, o addirittura individuali.
Questo è il grande ruolo che il nuovo Cnel, un Cnel 4.0, per essere in attualità, che abbiamo messo in operazioni da qualche mese, può giocare. Un punto di incontro, di mediazione, di confronto, di costruzione, sui grandi temi irrisolti del nostro paese. E ce ne è un enorme bisogno.