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BRUNETTA: È TEMPO DI CORPI INTERMEDI, NO ALLA DISINTERMEDIAZIONE

BRUNETTA: È TEMPO DI CORPI INTERMEDI, NO ALLA DISINTERMEDIAZIONE

L'intervento del presidente del CNEL al Festival dell'Economia di Trento.

23 maggio 2024

“L’Italia ha i più alti livelli di contrattazione in Europa. È un aspetto positivo. Un alto livello di sindacalizzazione vuol dire libertà, vuol dire possibilità di fare contratti. I sindacati funzionano? Certo, è un mestiere difficile ma funzionano. Però non sempre riescono a sintonizzarsi con i cambiamenti tecnologici, con i processi d’innovazione. C’è poi il nodo della contrattazione sulla produttività, che va differenziata a livello locale. La produttività si negozia nei contratti di secondo livello, nei contratti aziendali, che però in Italia non sono molto diffusi, non vanno oltre il 30%. Dobbiamo quindi innovare le relazioni industriali e non cancellare i corpi intermedi con la disintermediazione. Un paese è tanto più efficiente quanta più densità sociale è in grado di esprimere. C’è bisogno di protagonismo nei territori e nelle comunità. Questo è il tempo dei corpi intermedi. È il CNEL il luogo che gli dà voce e rappresentanza”. Così il presidente del CNEL Renato Brunetta intervenendo al Festival dell’Economia di Trento.

"QUANDO IL MERCATO NON CE LA FA SERVONO I PATTI SOCIALI"

“Una delle cose più belle che ho fatto nella mia vita professionale - ha aggiunto -  è l’accordo di San Valentino, il 14 febbraio 1984. Un accordo straordinario, che ha tagliato la scala mobile e ha salvato l’Italia dall’iperinflazione. Ci fu poi un referendum per abrogare la legge ma gli italiani dissero di no, perché scelsero di tutelare il potere d’acquisto. Quello fu un buon patto sociale. Come un buon patto sociale fu quello raggiunto durante la pandemia. I patti sociali servono, soprattutto quando il mercato da solo non ce la fa e occorre qualcosa di più”.


"SIAMO UN PAESE CHE NON AMA LA CONCORRENZA, POCA MERITOCRAZIA NELL’ISTRUZIONE UNIVERSITARIA"

“Il mismatch tra offerta e domanda di lavoro c’è sempre stato ma oggi è anormale, va oltre i livelli fisiologici. E questo è il riflesso di alcuni fallimenti, come quello della scuola. Il nostro sistema scolastico fa acqua da tutte le parti. L’altra ragione è che non sempre il mercato da noi funziona. È bloccato da troppa burocrazia, da poca trasparenza e da poca concorrenza. Siamo un paese che non ama molto la concorrenza. Neanche nel settore dell’istruzione universitaria, dove non c’è meritocrazia. Dobbiamo dircele queste cose. Sono le ombre di questo nostro meraviglioso paese”, ha argomentato Brunetta.


CARCERI. "LAVORO E FORMAZIONE COME PONTE TRA INTERNO ED ESTERNO"

“Come CNEL insieme al ministro Nordio - ha evidenziato -  abbiamo messo in piedi un progetto sul lavoro e la formazione per i detenuti, in carcere e fuori dal carcere. Qui finora hanno fallito tutti. Vogliamo arrivare a un testo di legge. Le carceri sono luoghi chiusi per antonomasia. Dobbiamo costruire un ponte e la chiave per la connessione tra interno ed esterno è il digitale. Realizziamo in carcere i call center. Parliamo di decine di migliaia di operatori. Vuol dire informatizzare le carceri, cablarle, strutturare i locali e le attrezzature, mettere l’aria condizionata e fare la formazione. Allora vedremo che il carcere cambia. L’obiettivo è la recidiva zero. Ci guadagnano tutti: i detenuti, la società, le vittime. È la logica win-win-win. È un investimento che serve al Paese”.


"CON BASSI SALARI IL MERCATO SI VENDICA, I LAVORATORI SE NE VANNO"

“I salari non crescono e dobbiamo chiederci perché. Le risposte sono complicate. Innanzitutto, dobbiamo considerare che la produttività è più difficile da realizzare nelle piccole e piccolissime imprese, dove ci sono meno investimenti tecnologici, meno investimenti organizzativi e di marketing. Poi bisogna chiedersi se i protagonisti delle relazioni industriali, sindacati datoriali e sindacati dei lavoratori, siano sempre riusciti a fare bene il proprio mestiere. Avere alti salari è ovviamente la cosa migliore. Non penso la strada giusta sia una legge. Ma non ho mai visto lavoratori produttivi, efficienti e soddisfatti con bassi salari. È il mercato stesso a vendicarsi, perché i lavoratori se ne vanno dove i salari sono più alti”, ha così concluso il presidente del CNEL.