“Di fronte ad un Paese spaccato come una mela, non ha senso diagnosticare ricette uniformi sull'intero territorio nazionale. Se così fosse, si potrebbe prescrivere la stessa medicina tanto a chi ha un raffreddore, quanto a chi ha, invece, una polmonite. Ebbene le differenze, in Italia, balzano agli occhi. C’è ancora oggi un ritardo che si vede ad occhio nudo non solo tra le diverse regioni italiane, ma tra l'intero Mezzogiorno e le altre parti del Pianeta che, solo alcuni anni fa vivevano in condizioni assai peggiori. Ne hanno sofferto soprattutto i corpi intermedi della società meridionale, spesso trattati con sussiego da parte dei loro omologhi più fortunati. Rompere questo schema è soprattutto nell'interesse del Mezzogiorno. Che deve reclamare la presenza di uno Stato più efficiente ed in grado di supportare gli sforzi di una minoranza attiva, quanto si vuole, ma che può e deve crescere. Quello Stato che non solo deve essere ancora costruito, ma che richiederà non meno, ma più riforme. In questo senso il CNEL può e deve rappresentare lo strumento attuativo di un cambio di marcia innanzitutto culturale, realizzando quel cambiamento di prospettiva che occorre al Mezzogiorno. Non più o, almeno sempre meno, un atteggiamento compassionevole, ma la richiesta di diritti legati ai requisiti di una nuova cittadinanza, fondata sulla necessità di un riscatto. Al Nord una società più libera di autogestirsi per produrre maggiori risorse che non serviranno solo a sé stessa, ma per garantire quelle riserve - si pensi soltanto al peso del debito pubblico - che servono all'intero Paese”.
Così il presidente del CNEL Renato Brunetta in un articolo uscito oggi su Il Riformista.
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