Negli ultimi anni si è registrata una crescita sproporzionata di accordi collettivi nazionali depositati presso l’archivio nazionale del CNEL. Un primo confronto con le informazioni in possesso dell’INPS ha evidenziato che sono molto cresciute le rappresentanze datoriali e sindacali non censite dall'Istituto. A fronte dei quasi 800 CCNL vigenti nel settore privato depositati al CNEL a fine 2018, 381 risultavano i codici INPS che identificano i contratti nelle dichiarazioni contributive.
La questione pone problemi in merito all'applicazione delle norme di legge (ad esempio con riferimento alla disciplina sull'applicazione di benefici normativi e contributivi, o alla norma del codice degli appalti relativa alla clausola sociale), al rispetto delle tutele contrattuali dei lavoratori e nel contenimento della pratica di dumping contrattuale, purtroppo largamente diffusa.
CNEL e INPS stanno dando attuazione a un accordo di collaborazione finalizzato a analizzare i contratti collettivi nazionali di lavoro censiti nei rispettivi sistemi di rilevazione, armonizzare i due sistemi di codifica dei contratti nazionali incrociando le informazioni e semplificarne la lettura. È stata effettuata una complessa ricostruzione delle cessazioni contrattuali e delle confluenze intervenute negli anni, e ne è emerso un quadro utile a identificare i livelli di copertura del contratto in termini di datori di lavoro dichiaranti e lavoratori ai quali il contratto si applica.
In assenza di criteri certi che definiscano la qualità e il “peso” comparativo dei CCNL, l’attività congiunta CNEL-INPS non costituisce solo un mezzo per razionalizzare l’attività di due pubbliche amministrazioni che elaborano dati su CCNL, ma apre la strada alla definizione di criteri utili a definire quali sono i contratti collettivi di lavoro da considerare come riferimento per un’applicazione univoca, anche a fini giudiziali, della normativa vigente nell'ordinamento.
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