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Villa Lubin

La sede del CNEL è l'immobile demaniale denominato "Villa Lubin", ubicato in Roma, viale David Lubin n.2. 

Villa Lubin - cenni artistici


Salendo a sinistra dell'usuale ingresso da Palazzo Flaminio a Villa Borghese, dopo aver percorso la ripida Via di Villa Ruffo, si giunge alla sommità di un piccolo poggio, dove sorge Villa Lubin, attuale sede del CNEL, un edificio che costituisce un interessante esempio dell'architettura romana del primo '900.

Questa villa, iniziata nel 1906 ed inaugurata nel 1908, ampliata nel 1934 con la costruzione del vicino edificio ad uso di biblioteca, restaurata nel 1959 al momento della sua assegnazione al CNEL, conserva una coerenza unitaria frutto soprattutto della omogeneità culturale di quanti vi lavorarono.

L'ideatore principale fu l'architetto Pompeo Passerini, ma la connotazione più caratteristica dell'edificio deriva dalla stretta relazione intercorrente tra il lavoro dell'architetto e quello dei decoratori, Adolfo Cozza, Adolfo Apolloni, Giuseppe Mazzoni, Lemmo Rossi-Scotti, tutti artisti che avevano collaborato in quegli anni nella costruzione del Monumento a Vittorio Emanuele II.

La scelta dell'architetto si rivelò particolarmente felice: Passerini, progettista dei palazzi Avogadro e Baggio-Villa in Corso Vittorio a Roma, maturato grazie alle esperienze accanto a Sacconi nella costruzione del Vittoriano, elaborò un edificio relativamente semplice nella articolazione, alleggerito da poche e contenute scansioni volumetriche, compatto ma non pesante.

Il palazzo è infatti composto da un corpo centrale principale rivestito di travertino nella zona inferiore e nei pilastri terminali, fiancheggiato da due ali leggermente arretrate con zoccolatura e pilastri d'angolo pure in travertino. La parte centrale, più ricca di ornati, è caratterizzata da un portico a tre fornici sorretti da colonne binate di pietra colorata, un motivo ripreso dalle logge aperte al primo piano delle due facciate laterali ad alleggerire la massa muraria.

Una breve balaustra articolata, interrotta al centro da due delfini e da una piccola vasca, delimita di fronte all'ingresso il ciglio del poggio, formando nel breve dirupo sottostante una piccola cascatella, ornata dalla statua di un dio delle acque all'interno del nicchione preesistente, e da una più ampia vasca di raccolta dell'acqua.

L'architetto marchigiano ebbe un ruolo determinante anche nella progettazione globale della decorazione e nella scelta degli artisti, che fu condotta di comune accordo con il senatore Faina, presidente della Commissione Reale che sovraintendeva ai lavori, e con lo scultore Adolfo Cozza. Il risultato, unitario al punto da lasciare perplessi sulla attribuzione di un singolo particolare ai diversi artisti che vi lavorarono, costituisce a tutt'oggi la migliore conferma dell'omogeneità del gruppo prescelto.

Cozza, in particolare, scultore e archeologo umbro che aveva eseguito bassorilievi per il Duomo di Orvieto e collaborato con Sacconi per le sculture del Vittoriano, progettò gli affreschi che ornano le pareti laterali del Parlamentino: a destra "L'agricoltura dalle epoche barbariche fino ai tempi della Roma Imperiale" e a sinistra "I grandi navigatori, gli astronomi e i nasturalisti dal secolo XIII al XVIII".

Al perugino Lemmo Rossi-Scotti si devono invece i dipinti in stucco e pittura che ornano i soffitti del salone di rappresentanza, detto "Sala Gialla", ("Il trionfo di Cerere seguita dal corteggio delle nazioni"), delle due stanze laterali simmetriche e dello scalone d'onore.

Consapevole dei problemi che la progettazione di questo edificio poneva, dovuti soprattutto al contesto in cui doveva essere inserito, Passerini seppe trovare una risposta adeguata e dignitosa, non inutilmente retorica, in un difficile equilibrio tra neo-barocco e liberty, così felicemente legato alla collocazione naturalistica al punto da non disturbare minimamente l'unità globale dell'ambiente.

Il termine "neo barocco" è definizione che torna spesso nelle valutazioni delle caratteristiche architettoniche di Villa Lubin. Usata spesso in senso riduttivo, essa contiene in realtà il meritato riconoscimento dello sforzo unitario compiuto dall'architetto e dagli altri artisti di adeguarsi al contesto in cui l'edificio doveva sorgere.



 Volume Villa Lubin