“Un contributo concreto del CNEL per aggredire le tematiche della bassa produttività e dei bassi salari che sono due nodi storici per il rilancio del nostro Paese”. Così si è espresso il presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro Renato Brunetta al termine dei lavori della Commissione dell’informazione del CNEL, che ha varato, per ora in via sperimentale, una nuova organizzazione dell’Archivio nazionale dei contratti collettivi di lavoro (CCNL), che sono al tempo stesso il metabolismo dei rapporti di lavoro e l’espressione più tangibile di una economia sociale di mercato come è la nostra che, ancora oggi, registra la centralità e la vitalità dei corpi intermedi. “Un’operazione di totale trasparenza e piena conoscibilità – ha precisato Brunetta – dei testi contrattuali di livello nazionale vigenti. I contratti effettivamente in uso e applicati dalle imprese, con una copertura del 97 per cento dei lavoratori, sono poco meno di un terzo rispetto ai 1.000 testi che sono formalmente depositati e conservati in archivio. Un percorso concreto e misurabile per dare piena effettività alla tutela dei diritti dei lavoratori e anche per osservare le dinamiche della concorrenza tra le imprese con l’obiettivo di contrastare pericolosi fenomeni di dumping contrattuale che rallentano tanto la crescita quanto i processi di inclusione sociale”.
Secondo i dati raccolti dalla Commissione dell’informazione, al 31 dicembre 2024 risultavano in effetti depositati in archivio ben 1.044 CCNL. Quelli depositati da soggetti sindacali comparativamente più rappresentativi sono una piccola minoranza, pari a 205 CCNL, che però sono applicati a quasi 14 milioni di lavoratori del settore privato (esclusi i settori "agricoltura" e "lavoro domestico"). Gli altri contratti depositati sono firmati da sigle che, in moltissimi casi, non hanno una reale consistenza e rappresentatività. Circa 100 CCNL sono del resto scaduti da oltre 10 anni e quindi di fatto non vigenti. Mentre sono quasi 600 i contratti che si applicano a meno di 500 lavoratori, davvero poca cosa (fatte le debite ponderazioni per settori peculiari) per essere considerati contratti nazionali di lavoro. Negli ultimi due anni sono stati depositati ben 120 nuovi testi contrattuali ma solo 5 di questi sono stati sottoscritti da attori datoriali e sindacali comparativamente più rappresentativi a livello nazionale.