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CARCERI. BRUNETTA: ABBATTERE RECIDIVA CON LAVORO E FORMAZIONE

CARCERI. BRUNETTA: ABBATTERE RECIDIVA CON LAVORO E FORMAZIONE

Il presidente del CNEL è intervenuto al convegno ‘Misurazione d’impatto e recidiva’, tenutosi stamane all’Università Bocconi.

13 giugno 2024

"Le istituzioni del nostro Paese sono chiamate a garantire la piena applicazione dell’Articolo 27 della Costituzione, in ordine alla funzione rieducativa della pena. Gli ingredienti della ricetta proposta dal CNEL sono studio, formazione e lavoro, in carcere e fuori dal carcere, con l’obiettivo della ‘Recidiva zero’. La migliore strategia per ridurre la recidiva e migliorare la sicurezza pubblica a lungo termine è senz’altro investire nelle persone, dando loro opportunità concrete di crescita personale e professionale. È significativo l’abisso che separa lo spaventoso tasso di recidiva del 70%, stimato sull’attuale popolazione carceraria, con quello di solo il 2%, che si ottiene se si limita l’osservazione ai circa 20mila detenuti che hanno un contratto di lavoro. L’intento del CNEL, accanto a quello del Ministero della Giustizia, è investire in un grande progetto di inclusione sociale che veda protagonisti le imprese, i sindacati, il volontariato, il sistema scolastico e universitario, gli enti locali. Una rete capace di lavorare insieme per fornire percorsi di formazione, lavoro e supporto post-detenzione".

È quanto ha affermato il presidente del CNEL Renato Brunetta, intervenendo al convegno ‘Misurazione d’impatto e recidiva. Valutare gli interventi per l’inclusione sociale’, che si è svolto questa mattina presso l’Università Bocconi di Milano.

"DAL CNEL UN DISEGNO DI LEGGE PER IL REINSERIMENTO SOCIO-LAVORATIVO DEI DETENUTI"

"Il CNEL - ha aggiunto Brunetta -  ha recentemente approvato un disegno di legge volto a migliorare il reinserimento socio-lavorativo dei detenuti e a ridurre la recidiva. Il Ddl verrà trasmesso nei prossimi giorni alle Camere. Le principali misure riguardano: la piena parità di trattamento dei lavoratori detenuti, attraverso l’applicazione del contratto collettivo nazionale, territoriale e aziendale strettamente connesso all’attività svolta; il sistema integrato di governance multilivello, con la valorizzazione del ruolo delle commissioni d’istituto, della Casse delle Ammende e delle cabine di regia territoriali; l’istituzione del fondo per il reinserimento socio-lavorativo, alimentato da versamenti volontari delle fondazioni bancarie, con riconoscimento di un credito di imposta; la creazione del Segretariato Permanente presso il CNEL, per promuovere l'inclusione lavorativa delle persone ristrette sia in carcere che nella fase post-detenzione, superando la disomogeneità degli interventi tra le diverse aree del Paese; l’estensione dei benefici della Legge Smuraglia; il censimento e validazione delle competenze; il collocamento mirato per giovani detenuti tra i 18 e i 25 anni in uscita dal circuito penitenziario. Oltre ad altri strumenti volti a favorire i percorsi formativi e lavorativi, nonché il reinserimento sociale, come i permessi per esami di Stato e di laurea, gli sportelli di assistenza e accompagnamento al lavoro, la promozione del lavoro agile e del telelavoro. Garantire ai detenuti l'accesso a opportunità di lavoro e formazione significa rispettare la loro umanità e contribuire alla costruzione di una società più giusta e sicura".

"SOLO IL 4% DEI DETENUTI LAVORA IN ATTIVITÀ DI CONCRETA RISOCIALIZZAZIONE"

“Solo una minoranza dei detenuti ha accesso a opportunità lavorative, con la stragrande maggioranza impegnata in attività intramurarie, spesso poco qualificanti e con retribuzioni non equiparate ai livelli economici e normativi previsti dal contratto collettivo nazionale, territoriale e aziendale connesso all’attività svolta. Sui circa 61mila detenuti, meno di 20mila sono coinvolti in attività lavorative e di questi solo 2.608, appena il 4% della popolazione carceraria, lavorano per conto di imprese e associazioni private o del terzo settore, anche al di fuori del carcere, in attività di concreta risocializzazione. Inoltre, le iniziative esistenti risultano spesso isolate e non integrate in un sistema coerente e coordinato”, ha osservato.

"IL TITOLO DI STUDIO E' SCONOSCIUTO PER UN DETENUTO SU DUE"

“L’Amministrazione penitenziaria conosce il titolo di studio di un solo detenuto su due. Occorre quindi potenziare il sistema di certificazione delle competenze. Tra i detenuti solo il 31% è iscritto a un corso scolastico, e meno della metà di questi ha ottenuto una promozione nell’ultimo anno. Solo il 10% partecipa a corsi di formazione professionale. Per questo è essenziale che le istituzioni assumano un ruolo attivo nella promozione di politiche di inclusione sociale e lavorativa dei detenuti, concorrendo a creare un ponte efficace tra il carcere e la società”, ha così concluso il presidente del CNEL.