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AUDIZIONE CNEL SU DOCUMENTO DI FINANZA PUBBLICA 2025

AUDIZIONE CNEL SU DOCUMENTO DI FINANZA PUBBLICA 2025

L'intervento del presidente Brunetta presso le Commissioni bilancio congiunte di Camera e Senato

17 aprile 2025

Si è svolta oggi l’audizione del presidente del CNEL Renato Brunetta presso le Commissioni bilancio congiunte della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, concernente l’esame del Documento di finanza pubblica 2025. 

Di seguito i principali punti dell’intervento.

SIAMO DI FRONTE ALLA TERZA CRISI GLOBALE DI QUESTO MILLENNIO
La prima è stata quella dei subprime, con una risposta inadeguata dell’Europa, fatta “di scelte di sangue, sudore e lacrime, volute dalla Germania di Angela Merkel”. La seconda, la pandemia da Covid-19, ha rappresentato invece un punto di svolta positivo: un momento “Hamiltoniano”, con la scelta coraggiosa del debito comune europeo, all’altezza del “sogno europeo”. La crisi attuale è ancora più insidiosa. Non solo si innesta sulla coda lunga della crisi pandemica, che continua a produrre effetti economici e sociali profondi, ma si intreccia con nuove fratture geopolitiche: l’aggressione russa all’Ucraina, la crisi energetica, l’impennata dell’inflazione, le grandi transizioni in atto. Ci troviamo di fronte a una crisi i cui effetti – minacciati, sospesi, ribaditi, già in parte visibili – non sono ancora quantificabili. Una crisi che potremmo definire subdola e asimmetrica, che si somma al precedente senza soluzione di continuità. È una fase distopica, dominata da incertezza, volatilità, imprevedibilità. Un tempo che sfida le categorie tradizionali della politica e dell’economia. Una cosa è certa: nulla sarà come prima!

RISPOSTA EUROPEA IN TERMINI DI MAGGIORE INTEGRAZIONE
La crisi in atto esige una risposta dell’Unione Europea rapida, efficace, lungimirante e in termini di maggiore integrazione. Ricordiamo quel che disse Jean Monnet: ‘L’Europa si forgerà nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni adottate per affrontarle’. Un corollario a queste parole è che le risposte sono venute spesso dall’Italia. È così anche oggi, con i rapporti di Mario Draghi e di Enrico Letta e, auspicabilmente, con la missione del nostro Presidente del Consiglio Giorgia Meloni di oggi da Trump in rappresentanza dell’Unione Europea. Sappiamo quel che c’è da fare, per sburocratizzare, semplificare, infrastrutturare. Per costruire una Europa forte. E la difesa comune può, deve essere la pietra angolare su cui costruire l’Unione politica.

I DAZI FANNO MALE: “È COME SPUTARE IN ARIA”
La guerra dei dazi scatenata dall’Amministrazione Trump è la pagina di un capitolo più vasto e denso nella storia dei rapporti di forza tra le grandi potenze economiche, finanziarie e militari del mondo. Con barriere doganali ai massimi dagli anni ’30. I dazi fanno male. Mettere un dazio è come sputare in aria. I dazi e contro-dazi sono un gioco a somma negativa.

DAZI ARRIVANO DOPO MINACCIATO DISIMPEGNO USA DALLA DIFESA DELL’EUROPA E DALLA NATO
Mettere i dazi è una sorta di neomercantilismo sterile, fondato sull’illusione che un Paese diventa più ricco se esporta molto ed importa poco. Una teoria contraddetta da due o tre secoli di storia a favore del libero scambio. Ma La guerra dei dazi viene dopo il minacciato disimpegno degli USA dalla difesa dell’Europa e dalla NATO. È solo l’ultima tappa di una storia più ampia. Il livello delle barriere doganali USA è ora ai massimi, quando lo Smoot-Hawley Act avviò l’era del protezionismo, che aggravò la depressione. Quando la libertà degli scambi si riduce in tale misura in gioco non c’è solo il benessere economico e sociale, ma la stessa pace mondiale.

SGANCIAMENTO USA DA FILIERE PRODUTTIVE CINESI ORMAI DA OLTRE QUINDICI ANNI 
Il nemico più temibile per gli Stati Uniti è a Oriente: la Cina è già tecnologicamente, economicamente e forse militarmente alla pari degli Stati Uniti. E affianco alla Cina c’è un’altra potenza emergente: l’India. Gli Stati Uniti stanno perseguendo lo sganciamento dalle filiere produttive cinesi ormai da oltre quindici anni, da quando hanno compreso l’importanza del settore manifatturiero non solo per la crescita economica ma anche in chiave strategica, tecnologica e militare. La perdita di competenze e di fabbriche ha notevolmente indebolito la struttura produttiva statunitense in campo metalmeccanico, digitale, farmaceutico. Per riconquistare capacità produttiva hanno adottato varie strategie: barriere doganali, divieti di acquisizioni, massicce politiche industriali. I dazi di Trump sono l’ultima misura della serie. Le conseguenze economiche dell’innalzamento delle tariffe sono potenzialmente molto gravi. La loro entità dipende molto dalla reazione degli operatori e degli attori politici. Il rischio è la recessione.

LA CRISI HA APERTO UN QUADRO DI INCERTEZZA ALL’ENNESIMA POTENZA
La crisi ha aperto un quadro di incertezza all’ennesima potenza. I livelli d’incertezza sono il doppio di quelli toccati nel 2020, quando nessuno sapeva quanto sarebbe durata la pandemia e come sarebbe finita. L’incertezza economica attuale è anche molto diversa da allora. Mentre quella legata al Covid riguardava sostanzialmente la capacità di ripresa delle economie, l’incertezza attuale è il frutto di una disruption strutturale, come risultato di una combinazione di tre fattori chiave: ignoranza del futuro, volatilità e vulnerabilità. Questi tre elementi si rafforzano a vicenda, rendendo il contesto economico attuale particolarmente instabile e complesso.

CON CADUTA FIDUCIA DI IMPRESE E FAMIGLIE RISCHIO RECESSIONE
L’incertezza non riguarda solo il lungo periodo, ma anche l’imprevedibilità delle mosse degli operatori nel periodo breve e brevissimo periodo. Il grado di incertezza è ampliato dai conflitti geopolitici, dai i cambiamenti tecnologici e ambientali e pesa come un macigno sulle aspettative degli agenti economici, rendendo difficile per individui, imprese e governi agire e pianificare razionalmente. Nel breve periodo dovremo quindi aspettarci una caduta della fiducia dei consumatori e dei produttori. Più incertezza e meno fiducia delle imprese e delle famiglie determinano una riduzione della domanda di beni di investimento e di consumo. Con ricadute negative su produzione, occupazione e redditi. In altre parole: recessione. Il solo nominarla provoca timori giustificati per occupazione e benessere dei cittadini. All’incertezza si aggiungono l’instabilità finanziaria, come mostrano gli andamenti delle Borse estremamente volatili. E la vulnerabilità di settori, territori e gruppi sociali.

IL MERITO DEL DFP È LA “CHIAREZZA”

La politica di bilancio, prima ancora di mobilitare risorse, dovrebbe offrire certezze: ai consumatori, alle imprese, all’intera filiera produttiva. E naturalmente, ai mercati. Ed è proprio questo uno dei punti di forza del DFP, che – segnando una chiara discontinuità – assume una posizione netta e non scontata in un contesto caratterizzato da forte volatilità e incertezza. Delinea una direzione da perseguire.

DFP: CRESCITA FLEBILE IN UN QUADRO DI SOLIDITÀ STRUTTURALE
I numeri del DFP vanno considerati come un utile punto di riferimento per capire lo stato di salute dell’economia italiana, fotografata un attimo prima che avvenisse il terremoto dei dazi statunitensi. Il dato che emerge è di crescita flebile in un quadro di solidità strutturale. La crescita flebile è nelle cifre che ormai tutti conoscono di aumento annuo del PIL da ‘zero virgola’. Tre osservazioni in merito. Correttamente il Governo ha deciso di non includere nello scenario la guerra dei dazi, per la semplice ragione che è ancora troppo avvolta dalla nebbia dell’indeterminatezza sul punto di caduta finale. La seconda osservazione è che questa fragilità non è specifica dell’Italia. Non siamo, cioè, il fanalino di coda d’Europa. Perfino più debole è la crescita francese. La terza considerazione è che, se fare previsioni economiche è sempre un’arte difficile e poco gratificante, oggi tale esercizio risulta ancora più complesso.

BENE OCCUPAZIONE, SALDI FINANZA PUBBLICA E POSIZIONE NEI CONTI CON L’ESTERO
Il quadro di solidità complessiva è comunque fornito da tre indicatori molto importanti: occupazione, saldi di finanza pubblica e posizione nei conti con l’estero. Primo. Il numero di occupati continua a salire, sfidando la legge di gravità costituita dalla quasi stagnazione del PIL. A febbraio il numero di persone impiegate ha toccato un nuovo massimo storico. Però l’aumento del tasso di disoccupazione dei giovani, in Italia come nel resto d’Europa, è un campanello d’allarme da prendere in seria considerazione, specie in presenza della rarefazione del numero di giovani per l’invecchiamento della popolazione. Secondo. I saldi di finanza pubblica vanno meglio di quanto previsto solo cinque mesi fa. I progressi compiuti nel 2024 sono superiori a quello che si era immaginato sia per i saldi sia per il debito sia per la variabile introdotta nella nuova governance europea, la spesa netta. Quest’ultima nel 2024 è calata del 2,1%, anziché dell’1,9% programmato. L’andamento dello spread e l’innalzamento del rating testimoniano questa solidità. Lo spread si sta comportando come quelli spagnolo e francese, quindi non c’è una anomalia italiana. Il miglioramento del rating era dovuto da tempo. Terzo. I conti con l’estero continuano ad inanellare surplus e celebriamo i successi dell’export. La posizione netta sull’estero è ormai attiva per oltre il 15% del PIL; era passiva per quasi un quarto di PIL dodici anni fa. Se essere in passivo può essere pericoloso per un Paese che non ha moneta di riserva, come l’Italia, essere in attivo crescente non può essere motivo di vanto, perché riflette la debolezza della domanda interna, oltre alla capacità delle imprese di conquistare mercati esteri.

SERVE RINNOVO CONTRATTI E SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA
In quest’ottica andrebbero giocati anche i rinnovi dei contratti aperti, sia nel settore privato che nel pubblico impiego. Un rinnovo cruciale per fornire quella spinta ai consumi che è diventata indispensabile ora che la forte crescita dell’export trova nei dazi un ostacolo altissimo. Per innovare occorre anche sciogliere il groviglio normativo. Il DFP evidenzia la stagnazione della produttività totale dei fattori e la frenata del PIL potenziale. E nelle 120 pagine destinate alle riforme e agli investimenti solo 14 righe sono dedicate alla semplificazione normativa, che è invece la chiave di volta per rivitalizzare l’iniziativa imprenditoriale e rilanciare l’innovazione.

DFP: EVOLUZIONE ‘SPESA NETTA’ IN LINEA CON IMPEGNI ASSUNTI IN SEDE EUROPEA
Il DFP mette in luce un’evoluzione della ‘spesa netta’ pienamente in linea con gli impegni assunti in sede europea ma soprattutto con gli obbiettivi che il Paese si è dato anche al fine di mettere in sicurezza le finanze pubbliche e di cui tutti sembrano condividere la ragionevolezza. E per chi non riesce a non tradurre in termini non monetari le scelte di finanza pubblica sarà sufficiente valutare gli spazi aggiuntivi creati dai minori oneri per il servizio del debito pubblico conseguenti all’attuale politica di bilancio.

DFP: LA BARRA SI TIENE DRITTA E NON SI MODIFICA LA POLITICA ECONOMICA

Le nuove previsioni di crescita del Governo abbassano il profilo disegnato a settembre di quasi un punto percentuale. Non cambiano le proiezioni per il deficit pubblico in rapporto al PIL e il debito pubblico risulta appena superiore. Si tiene dritta la barra fissata e non si modifica la politica economica. Un elemento importante di certezza per famiglie e imprese. Ci sono due rischi al ribasso. Il primo è nell’aumento della spesa finanziata dal PNRR che finirà nel 2026. La previsione incorpora la piena realizzazione di questa spesa, che appare molto difficile. E nel 2027 cosa accadrà? Occorre fare leva sul pieno uso dei fondi di coesione per evitare l’effetto-baratro. Il secondo rischio è la contrazione degli investimenti in abitazioni, già iniziata e che accelererà. Sui conti pubblici, poi, pesa l’indeterminatezza dell’aumento della spesa per la difesa. In attesa che il vertice NATO del 24-26 giugno fissi gli obiettivi. Un eventuale consistente aumento di tale spesa potrebbe portare alla necessità di uno scostamento di bilancio, strumento di gestione fisiologico quando si vivono trasformazioni di contesto così radicali.

LIMITATI MARGINI DI MANOVRA PER POLITICHE DI SOSTEGNO DELL’ECONOMIA
In sintesi, il quadro economico presentato nel Documento di Finanza Pubblica 2025 illustra le prospettive dell’economia italiana in una fase segnata da molte incertezze, soprattutto internazionali. Attenzione non solo alla questione dazi, ma anche alla tempesta finanziaria che si sta preparando. Una recessione va messa in conto e occorre prepararsi e iniziare a mettere da parte risorse per sostenere l’economia. I margini di manovra a disposizione per politiche economiche di sostegno dell’economia restano limitati in Italia, dato anche il sentiero tracciato dalle regole europee. In questo scenario, la possibilità di attivare la clausola di salvaguardia del Patto di Stabilità per aumentare la spesa per sicurezza potrebbe rappresentare una leva per sostenere la domanda interna. Inoltre, nelle pieghe del bilancio pubblico ci sono risorse che possono essere meglio impiegate.

DFP: QUADRO DI FINANZA PUBBLICA DI SEGNO RESTRITTIVO

Il quadro di finanza pubblica del DFP è di segno restrittivo. La politica di bilancio resta orientata dagli obiettivi espressi in base al tasso di crescita della ‘spesa netta’, che comportano un miglioramento progressivo dei saldi. La compressione della spesa, soprattutto in termini reali, potrà andare incontro a difficoltà di accettabilità sociale, soprattutto in una fase di rallentamento dell’economia.

LA NECESSITÀ DI UNA “STAFFETTA” DI INVESTIMENTI PER EVITARE L’EFFETTO BARATRO POST-PNRR

La fine dei finanziamenti del PNRR nel 2026 potrebbe determinare un vuoto pericoloso, con il rischio di un “effetto-baratro” che comprometterebbe la continuità degli investimenti. Per contrastare l’affievolirsi dell’effetto propulsivo del PNRR, diventa urgente attuare una “staffetta” tra investimenti e riforme. Le risorse della politica di coesione devono essere rimodulate e utilizzate strategicamente in settori quali le reti di trasporto, le infrastrutture energetiche e digitali, la rigenerazione urbana, la sicurezza del territorio e la sanità.

UTILIZZARE RISORSE DELLA POLITICA DI COESIONE APPOSITAMENTE RIMODULATE
Per potenziare gli investimenti e amplificarne gli effetti oltre il 2026, in particolare su reti di trasporto, infrastrutture energetiche e digitali, rigenerazione urbana e sicurezza del territorio, sanità, dovrebbero essere utilizzate le risorse della politica di coesione, appositamente rimodulate. A tal riguardo, il CNEL ha maturato la propria posizione rispetto, in particolare, agli effetti prodotti dallo spopolamento delle aree interne e dalla desertificazione dei servizi. A tal riguardo, si apprezza l’impianto delineato nella SNAI, alla cui elaborazione il CNEL ha contribuito e della quale si auspica una tempestiva e organica attuazione a sostegno dei processi di sviluppo locale e di implementazione dei servizi essenziali – quali scuola, salute e mobilità – a livello dei territori. 

RIDARE VALORE A RELAZIONI INDUSTRIALI E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Emerge la necessità di restituire valore a un corretto e pieno funzionamento delle relazioni industriali, e di ripristinare nella contrattazione collettiva lo strumento di sviluppo e di coesione sociale attraverso una nuova fase costituente delle relazioni industriali e di lavoro. La contrattazione deve tornare a essere lo strumento attraverso il quale garantire una migliore qualità del lavoro, una più efficiente organizzazione del lavoro, l’accesso a tecnologie avanzate, il potenziamento delle competenze dei lavoratori. 

UN NUOVO PATTO SOCIALE FINALIZZATO ALLA CRESCITA
È necessario un nuovo patto sociale finalizzato alla crescita economica, che veda coinvolto il Governo e tutte le parti sociali, in un quadro di responsabilità condivisa, come accaduto in altri momenti difficili del passato. È necessario che tutti gli attori sociali e della rappresentanza siano partecipi della crescita e incoraggino la produttività del lavoro, individuino le strade per la ripresa industriale e dei servizi, incrementino la qualità dei rapporti di lavoro soprattutto sotto il profilo del livello retributivo, incentivino una maggiore occupazione delle donne e dei giovani, usino come volano le tecnologie più avanzate, rilancino il mercato interno e i consumi.

DFP: BRUNETTA, UNA FINANZA PUBBLICA SOLIDA 
Una politica economica sobria, poco appariscente, rappresenta una virtù di grande credibilità e reputazione. In tempi di incertezza, una finanza pubblica stabile, che non riconcorre questa o quella dinamica, si rivela una grande virtù. E in questo momento abbiamo una finanza pubblica solida, basti vedere il giudizio dei mercati.

DFP: BRUNETTA, COSA FARE? PIÙ EUROPA PIÙ EUROPA PIÙ EUROPA
Più Europa, più Europa, più Europa. Cosa fare è già stato scritto nei rapporti di Mario Draghi e di Enrico Letta e nella leadership dell’Italia nei confronti degli USA di Trump.

DFP: BRUNETTA, LAVORARE A UN PATTO SOCIALE ANCHE SU SCALA EUROPEA 
Il CNEL sta dialogando con il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) - l’organo consultivo dell'UE che riunisce le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e di altri gruppi d’interesse - per promuovere l’esigenza di un nuovo patto sociale. L’obiettivo è realizzare la migliore distribuzione del reddito che massimizzi la crescita, i salari e la produttività. Questo deve essere il cuore del nuovo patto sociale, con le parti sociali come protagoniste.

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