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PENSIONI E LAVORO NON SONO IN CONTRAPPOSIZIONE

PENSIONI E LAVORO NON SONO IN CONTRAPPOSIZIONE

26 ottobre 2018

In Italia negli ultimi decenni si è alzata considerevolmente l’aspettativa di vita. Si vive quindi più a lungo e tutte le tappe importanti del ciclo di vita si spostano in avanti.

Anche la carriera lavorativa e il momento del pensionamento ragionevolmente avvengono ad un’età più avanzata. Tuttavia, l’invecchiamento della popolazione e dei lavoratori viene spesso presentato come un problema e non come un’opportunità. L’occupazione dei lavoratori senior viene contrapposta all’occupazione dei giovani, come se il numero totale di posti di lavoro sia fisso generando un conflitto tra generazioni.

“Queste convinzioni sono confutate dai fatti e sarebbe importante nel dibattito sulle riforme tenerne conto”, afferma il prof. Claudio Lucifora, docente dell’Università Cattolica e consigliere esperto del CNEL. “Non esiste infatti una correlazione diretta, secondo la quale all’uscita di un pensionato dal mondo del lavoro corrisponda l’entrata di un giovane”.

“Siamo uno dei Paesi nei quali si vive più a lungo e questo è un risultato invidiabile, per gli stili di vita, per la qualità del sistema sanitario e per le aspettative di vita in buona salute che la popolazione italiana riesce a vantare”.

È naturale quindi che vivendo più a lungo, si lavori più a lungo e anche questo dovrebbe essere considerato come un successo, il lavoro è una dimensione importante per il benessere e l’inclusione sociale degli individui, che attraverso misure di invecchiamento attivo bisognerebbe supportare e promuovere. “È anche necessario contrastare la diffusione di pregiudizi culturali - afferma Lucifora  - secondo cui un lavoratore a 50 anni rappresenti un peso per l’azienda che preferirebbe sostituirlo con un giovane. La sostenibilità delle carriere dei lavoratori senior è una delle principali sfide che le imprese si troveranno ad affrontare nei prossimi decenni”.

Secondo l’esperto del Cnel -  che sul tema dell’active ageing ha scritto un volume insieme a Lorenzo Cappellari e Alessandro Rosina, con prefazione di Tito Boeri, dal titolo “Invecchiamento attivo, mercato del lavoro e benessere” (ed. il Mulino) – “Le politiche di accompagnamento devono concentrarsi sui processi di transizione tra il lavoro e le pensioni. Servono azioni di sistema come quelle adottate in altri Paesi, le istituzioni devono far la loro parte con la normativa, ma dovranno essere le aziende a sperimentarne le modalità operative e l’adattabilità ai vari modelli. Nei prossimi decenni la produttività di un’azienda e il suo successo, prima ancora che nell’uso delle nuove tecnologie, dipenderanno dalla capacità di efficiente gestione della forza lavoro”.

Lucifora ricorda come l’Italia parta con un forte sbilanciamento delle competenze tra i giovani e gli anziani ma ritiene che il percorso da seguire possa trarre esempio da quanto già sperimentato in alcuni Paesi “in un primo momento le istituzioni hanno cercato di affrontare il divario generazionale vivendolo come problema, con misure come gli scivoli, i prepensionamenti. In una seconda fase si è capito che non si trattava di un “problema” e si sono adottate politiche con vincoli al licenziamento degli over 55 e con sussidi per il mantenimento lavorativo delle persone in età avanzata. Oggi ci si orienta verso l’employability con la valorizzazione delle competenze e servizi per l’impiego. SI cerca di affrontare il tema con misure di age management onnicomprensive, che non discriminino in base all’età, che valorizzino il reverse mentoring e le staffette generazionali”

Stando anche a quanto si legge nel volume redatto dai tre professori: si tratta di garantire una maggiore sostenibilità dell’occupazione lungo tutto il ciclo di vita degli individui, che tuttavia necessita di una prospettiva di medio-lungo periodo, di politiche pubbliche trasversali (lavoro, istruzione, salute) e di un’accorta gestione dell’invecchiamento all’interno delle imprese (age management). Più che ragionare per categorie statiche di età, si dovrebbe adottare una prospettiva di corso di vita.  A livello «micro» significa favorire il passaggio di successo delle persone attraverso le varie fasi della vita; a livello «macro» significa gestire in modo efficace l’evoluzione della popolazione aziendale.


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