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LA CRISI EPIDEMIOLOGICA CI HA FATTO COMPRENDERE L’IMPORTANZA DI ALCUNI SETTORE CHIAVE

LA CRISI EPIDEMIOLOGICA CI HA FATTO COMPRENDERE L’IMPORTANZA DI ALCUNI SETTORE CHIAVE

24 marzo 2020

Claudio Lucifora*

In questi giorni di emergenza COVID-19, l’attenzione di tutti è diretta all’emergenza sanitaria e alle statistiche dei contagiati, dei guariti e dei deceduti. Le misure di contenimento del contagio hanno bloccato la circolazione delle persone, sono state chiuse le scuole di ogni ordine e grado, e progressivamente il ritmo dell’attività economica ha rallentato fino ad arrestarsi in tutto il Paese. In queste settimane di confino obbligato in casa le famiglie, gli studenti, i lavoratori e gli anziani hanno potuto rendersi conto e toccare con mano l’importanza di alcuni settori chiave dell’economia che forse troppo spesso abbiamo dato per scontati. 

In primo luogo la sanità, un sistema sanitario efficiente e universale che tutto il mondo ci invidia e che in questi giorni è duramente messo alla prova dalla diffusione dell’epidemia che sembra inarrestabile. Un sistema sanitario che in tempi normali, pur con i continui tagli ai finanziamenti, garantisce assistenza ad una popolazione tra le più longeve al mondo. 

In secondo luogo la scuola e l’università. Molti genitori trovandosi a dover gestire il tempo dei propri figli e ad aiutarli nello svolgimento dei compiti assegnati a distanza hanno forse rivalutato l’importanza della scuola, dell’educazione scolastica che i nostri figli ricevono. Scuola e insegnanti, su cui per decenni sicuramente non si è investito abbastanza come testimoniano le statistiche dei test Invalsi e i confronti internazionali sull’apprendimento degli studenti. Università e ricerca, che rappresentano il passaporto per l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani delle classi dirigenti del futuro, e che invece negli ultimi decenni hanno abbandonato in massa il nostro paese per andare a lavorare all’estero. Per esempio, abbiamo scoperto che la biologa che ha isolato il virus allo Spallanzani di Roma è una precaria, così come lo sono molti altri ricercatori dei team che in questi giorni stanno freneticamente cercando di sviluppare un vaccino che ci consenta di proteggerci in futuro dagli effetti del virus.

Tuttavia, in questa crisi, a differenza di altre crisi di natura economico-finanziaria, è successa una cosa anomala per il nostro Paese. Gli esperti sono stati interrogati, ascoltati e le politiche di sanità pubblica sono state impostate seguendo le loro direttive. Non solo virologi, epidemiologi, biologi e medici, ma anche matematici, fisici e statistici hanno spiegato e ripetuto con pazienza i meccanismi del contagio, la matematica della diffusione delle epidemie, i tranelli delle statistiche sulla mortalità e, tranne un momento iniziale un po’ scomposto, tutti si sono fermati ad ascoltare. Gli esperti sono stati messi a capo di unità di crisi, i politici hanno ascoltato e hanno tradotto le raccomandazioni in provvedimenti. Nessuno degli esperti ha venduto false promesse sulla gravità della situazione, né certezze su quando finirà questa emergenza e il famigerato picco del contagio verrà superato. Soprattutto tutti sono stati informati, costantemente e in modo esaustivo sui numeri, diffusione e concentrazione del contagio, cercando di spiegare l’urgenza e la necessità di procedere con le misure restrittive delle libertà individuali. Tutti (quasi) hanno capito e si sono adeguati.

Questo è un fenomeno nuovo per il nostro Paese, in cui gli esperti vengono spesso irrisi pubblicamente e invitati a raccogliere voti prima di parlare. Anche la diffusione di informazioni da un’unica fonte e la cura nello spiegare come interpretare i dati hanno contribuito a diffondere la sensazione che si stia facendo tutto il possibile e hanno aiutato a contenere l’angoscia collettiva che avvolge tutti. Con un certo rammarico potremmo concludere che solo in circostanze estreme quando la nostra vera esistenza viene messa a rischio, sia possibile fare quello che sembrerebbe assolutamente normale in un paese per garantire una gestione efficiente delle emergenze e dei problemi. E non si può dire che i problemi e le emergenze siano mancati negli ultimi decenni, ma mai è stata colta come in questo momento la necessità di compostezza e di accuratezza nella gestione dei problemi, nell’allocazione delle competenze, tutto nel rispetto della divisione dei ruoli e dell’assunzione di responsabilità.

È importante che quando dalle statistiche dell’emergenza sanitaria si passerà ad analizzare le statistiche delle imprese che hanno chiuso i battenti, dei posti di lavoro persi, dell’aumento dei disoccupati e della crescita della povertà, ci si ricordi di tutto questo e si affronti l’emergenza economica con la stessa lucidità, impiego di forze e competenze come si sta facendo in questi giorni nella lotta contro il “Coronavirus”. È importante che dalla fase di sostegno al reddito e di protezione dei posti di lavoro su cui è giustamente impegnato il Governo adesso, si passi ad una nuova fase di rilancio delle sfide economiche e sociali che giacciono inattuate da decenni. E forse il rilancio potrebbe partire proprio dai settori della sanità e dell’istruzione, la cui importanza e valore, sempre che ce ne fosse bisogno, abbiamo tristemente imparato ad apprezzare in queste ultime settimane.

*Consigliere del CNEL e Professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore